La piccola alla fine l'abbiamo portata al pronto soccorso.
Si è svegliata che non poteva camminare.
Veniva da una settimana di diarrea e vomito. Il pediatra, pur tranquillizzandoci, ci ha detto che poteva trattarsi di una complicazione della virosi in atto e che sarebbe bastato un antinfiammatorio ma che era meglio passare dall'ospedale.
C'erano le grandi da prendere a scuola, ho deciso di stare io in PS mentre mia moglie avrebbe preso le altre.
Alla fine, tutto bene. L'ecografia ha mostrato un versamento nella zona dell'anca. Più comune di ciò che si pensi. Le analisi del sangue andavano bene, una settimana di riposo e Nurofen.
Oggi sono stato io a casa con lei.
Abbiamo visto il film di Trilly, giocato col Pongo (lei faceva la negoziante e io compravo frutti e dolcetti), ci siamo appisolati assieme.
Non ha fatto scariche. È in via di miglioramento.
Quando un uomo della mia età, senza figli, durante un corso di scrittura, partecipante come me, mi chiese come fosse avere figli - era un gioco sulla curiosità, dovevamo chiederci delle cose reciprocamente - io scoppiai a piangere. Non un pianto di tenerezza, o di nervoso (si piange anche dal nervoso), ma un pianto quasi di dolore, di anni di preoccupazioni, di pediatri, di ecografie, di sale parti, di attese, di carezze, di notti insonni, di sospiri di sollievi. Dopo il pianto, ho sorriso, e ho raccontato il rovescio della medaglia: i primi disegni, le canzoni, l'odore della pelle dopo un bagnetto, le prime parole, i primi passi, il primo castello di sabbia, il primo cinema, un libro con le finestrelle da aprire, i ritratti sgangherati "questo sei tu".
Adesso sono stanco, ho un cerchio alla testa, ho bisogno di dormire, di ascoltare della musica in cuffia, di isolarmi un po'. Il terzo rovescio della medaglia. Dunque, impossibile.