09/01/17

Oceania

“Sei comoda?”
“Sì papà”
“Ci vedi?”
“No, papà”
“Ti prendo il rialzino”
Lo schermo è enorme in questo cinema. La sala non è nuova ma hanno investito in tecnologia.
Smanetto sul cellulare. La grande è a casa. Sta dormendo, ha la febbre. Voleva venire anche lei a vedere “Oceania” ma è crollata, senza nemmeno protestare.
‘Che scelta scellerata’, penso. Moana è un nome bellissimo, morbido, fluisce come l’acqua del mare. Nessun bambino avrebbe avuto alcun retropensiero e nessun genitore avrebbe pensato di trovarsi di fronte a un porno vintage. “Vaiana”: questo nome non mi piace.
“Buon film tesoro”
“Buon film papà”
Coloratissimo. E’ un film coloratissimo. Il mare sembra vero. La sabbia pure. I cieli stellati stupendi. 
“Ti piace, amore?”
“E’ bello ma… mi fa paura, quando andiamo in pizzeria?”
“Goditi il film, piccola, poi ci pensiamo alla pizzeria”.
Non ce ne capisco niente di cinema d’animazione ma ho visto “La città incantata” di Miyazaki, l'altr'anno, e in alcune parti il romanticismo disneyano mi pare surreale, bizzarro, dai toni nipponici. 
E’ un film complesso. Non è facile. Pesca negli archetipi, nell’animismo, in una religiosità naturalistica. Non sbancherà al botteghino.
Le musiche sono fantastiche, Gualazzi è superbo nel dare voce a un comicissimo e pazzo granchio gigante. La voce della cantante non la conosco, sembra quella di… come si chiama, la ricciolina che ha vinto Xfactor, no non è lei, su google mi si dice che è tale Chiara Grispo, uscita da un altro talent. Bella voce, fresca.
“Mi è finito il popcorn, papi”.
“Bevi un po’. Il film sta per finire.”
Piango. Una lacrima a sinistra, una a destra. Due gocce mi solcano le guance. Non è la scena dell’incontro tra l’eroina adolescente e sua nonna morta, che mi ricorda tantissimo la scena sognante del Re Leone, a farmi commuovere, ma il saluto tra la ragazza e il suo amico semidio. Un’amicizia bizzosa, rissosa, al confine della sfiducia. Alla fine, l’abbraccio vince. Si dicono addio. E’ lì che il cartone Disney mi smuove qualcosa dentro. E ci casco anche stavolta.
Il senso del film poggia sul potere della natura, sulla forza ancestrale del passato che ci coinvolge e ci travolge e su ciò che abbiamo perso, distratti da altro o paurosi del rischio. Si è riso pochissimo in sala. Soprattutto all’inizio. Poi diventa un’opera di formazione e il registro più sentimentale abbisogna di silenzio e di riflessione. Non c’è nessuna storia d’amore, nessun matrimonio. C’è una separazione. Che è indispensabile alla crescita dell’eroe. 
Credo che Oceania possa piacere di più ai ragazzini e alle ragazzine dai dieci anni in su. Quelli sensibili, però.
“Ti è piaciuto, amore?”
“Sì papà ma mi ha fatto un po’ paura! Il mostro aveva gli occhi rossi! Pieni di lava! Perché?”.
“Perché era arrabbiato, ma poi è diventato buonissimo”.
Le faccio la solita domanda: “Qual è stata la scena che ti è piaciuta di più”?
“Quando Vaiana era piccolina e giocava con la nonna”.
Ecco. Come immaginavo. Il resto, così metaforico, coi suoi riti di passaggio, col gioco tra dipendenza e indipendenza, tra paura e rischio, non l’ha colto pienamente.
“E la tua scena preferita, papà?”
“Quando il mostro si trasforma in Madre Terra, e si riaddormenta tranquilla”
Penso ancora, però, all’amicizia speciale tra Moana, voglio chiamarla così, e l’amico semidio di cui non ricordo il nome, e rifletto sul fatto che le relazioni vanno costruite, la fiducia va irrobustita, si cresce sommando fiducie e sottraendo delusioni. Più dai fiducia agli altri, meno le delusioni che costelleranno la tua vita saranno pesanti.
La piccola mi stringe la mano e ci incamminiamo verso la macchina. Sbrino il parabrezza.
“Papà, tu guidi bene”.
Non guido bene. Guido normale.
“Perché me lo dici?”.
Non mi risponde. Sento il leggero russare da dietro al sedile. Spengo l’autoradio e quello mi sembra il suono più meraviglioso del mondo.


Nessun commento:

Posta un commento

commenta perché... condividere fa bene!