30/09/15

Annullamento


Vi è mai capitato di cercare di scuotere una persona dal suo torpore emozionale e non riuscirci? Proprio nada de nada, tabula rasa, zero emozioni? E' una situazione drammatica. L'altro è consapevole di un fatto, lo descrive perfettamente, lo ricorda pezzettino per pezzettino ma se gli chiedi "cosa hai provato?", il nulla.
Non vale solo per emozioni come la tristezza, la paura, la rabbia. Ma anche per emozioni "positive" come la gioia. "Non sei contento?". "Ma, sì, boh?", "Io farei i salti di gioia al posto tuo!", "Ah. Davvero?".

Questo fenomeno, che in psicologia si chiama "annullamento", è molto comune nelle persone che hanno scoperto che emozionarsi sconvolge, destabilizza, denuda e può far male. Sono persone ipercontrollate e iperrazionali, anaffettive per difesa.
Ma è presente anche in soggetti che sembrano tutto fuorché degli anaffettivi. 
Persone teatrali, gioviali, esuberanti, apparentemente permeabili all'ambiente ma che, alla fine, recitano le loro emozioni. 
Quando vengono stimolate su un piano di trasparenza e di condivisione, si bloccano. La recita è finita. Si schermano. Non sentono e, dunque, non leggono le proprie emozioni, per paura di scoprirsi e di essere scoperte.

La persona narcisista "estroversa", chiamiamola così, abituata ad essere sommersa di fiori a fine spettacolo, recita le sue emozioni, escludendo quelle che la metterebbero veramente in discussione: tristezza e accettazione, prima di tutte.
Il narcisista di solito è gioioso o rabbioso, la tristezza è qualcosa che non riesce a cogliere. La interpreta come fastidio, malessere fisico, follia. 
Sì, la tristezza diventa follia, perché non riesce a spiegarsela. Impossibile essere tristi se si è persone amate e di successo.

Il narcisista non è empatico. Non può essere empatico. Non può mettersi nei panni dell'altro. 
Dunque, se è un narcisista ma è anche stronzo (le due cose non sono sempre compresenti), ti fa del male ma non si rende conto dell'intimo dolore, della prostrazione che stai vivendo anche riguardo al vostro rapporto. 
Si rende conto della sofferenza che stai vivendo, ma non la interpreta come qualcosa di psichico e di complesso: per lui, o lei, si tratta di un KO tecnico. Stai male. E basta. Non gli interessa, e non può leggere la delusione, la tristezza, il disincanto, il disinvestimento, il dubbio, nella tua reazione emotiva.
Ti ha messo fuori gioco, ti ha umiliato, stai soffrendo. Gli basta questo.
Si concentra, invece, tout court, sulla sua emozione di "gioia" legata all'averti messo KO, con tutti i mezzi a sua disposizione. Non riesce a capire, ripeto, cosa per te significhi quel KO e cosa esso significhi nella vostra relazione.
Elimina del tutto l'affettività nel sentimento che avrebbe dovuto legarvi. 

Praticamente, ti può uccidere emotivamente oggi, e domani può offrirti il caffè chiedendoti: "Sei imbronciato, come mai?". Cioè, sa cosa ti ha fatto, ma non riesce a comprendere, a percepire come tu ti sia sentito ieri e come ti senti oggi. 
La sua operazione, in un certo senso, è di annullamento dell'emozione correlata alla tua potenziale emozione successiva alla sua azione. Un po' un gioco di parole, ma non so spiegarlo meglio.
Non solo annulla le sue emozioni spiacevoli ma anche quelle relazionali. Per questo si dice che il narcisista non ha senso di colpa, perché nel senso di colpa c'è tristezza e una messa in discussione di se stessi nella relazione.

Cosa fai, allora? Spiegare come ti senti? Invitarlo a leggere più attentamente dentro di sé? Defenestrarlo? Se sei obbligato a relazionarti con questo soggetto, puoi, prima di tutto, evitare di starci troppo male, capendo che è un "disabile emozionale", lo chiamerei così, anche se è un'espressione forte, e che non compete a te, non ci riusciresti, il curarlo. Accetta, ingoia il rospo, fatti scivolare ciò che ti arriva, non cercare di dotare la vostra relazione di una componente affettiva profonda. Non la può avere. 

Difenditi, se la sua azione diventa spietata. Se mette in pericolo il tuo equilibrio psicofisico, anche con un legale. 
Certi soggetti non comprendono l'emozione dell'altro, una lettera in carta bollata, sì.



1 commento:

  1. Io ho un'amica... Caro Franco, ti rispondo così.
    L'amicizia è un sentimento meraviglioso. Credo molto nell'amicizia uno a uno. Meno a quella di gruppo. Che è un altro tipo di amicizia. È più condivisione affettuosa ma livellata, in cui le antipatie o le differenze vengono livellate pena l'esclusione dal gruppo. Al di là dei sofismi, la reazione della tua amica la ritengo sacrosanta. Come il bisogno di affidarsi, se sofferente, a un professionista. Certi dolori, certi vuoti possono essere colmati solo da un professionista. Non mi spingo oltre. Tu parli di giudizio, che gli amici sono lì anche per giudicare, e che è un giudizio affettuoso. Ecco, "giudizio" è quella parolina killer che non andrebbe mai nominata quando si ha a che fare con una persona che si chiude. La tua amica vi chiede sostegno e compagnia. Che cosa bella! Andatela a trovare, non date giudizi sulla trasandatezza di casa, ogni casa ha una storia, ci sono momenti che le case diventano lo specchio dell'anima. Scuotetela, fatela ridere, alleggerite il clima che vive questa donna, partite non da quello che lei non è, non dà, non cura, ma da quello che può darvi, anche lei. Un caro saluto, Bruno

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