10/11/16

So good

Risultati immagini per i feel good

Più di un mese dall'ultimo post. 
Inqualificabile. Non posso trascurare questo spazio. Non posso trascurare te che stai leggendo. Ti voglio bene. Te ne ho sempre voluto. Mi hai aiutato tanto. 
So che non mi hai dimenticato, sai che non ti ho dimenticato.
Solo che a volte le parole non escono, le emozioni s'ingarbugliano, come un filo di lana lunghissimo tra la gola e le dita. Ma non vuol dire che non ti pensi.

E' stato un periodo difficile, pieno di impegni e sono stanco. Una stanchezza fisica, energetica, direbbe la mia amica astronaturopata. 

Sabato prossimo andrò a Roma, alla consueta giornata di studio della scuola grafologica che mi ha formato e presso cui insegno. Il tema della giornata sarà l'uomo. Si parlerà dell'evoluzione del ruolo sociale del maschio, un ruolo sempre meno normativo e sempre più affettivo. 
Io parlerò di "papà high care", quelli che, etichettati con quest'anglismo bruttissimo, si prendono cura dei figli in modo superiore alla media. Farò vedere la scrittura di un amico che è un papà dolce e autorevole. Come sempre, mi sento emozionato, non tanto perché parlerò di fronte a qualche decina di persone, quanto perché Roma mi fa l'effetto di una bottiglia di whisky a stomaco vuoto. Già a Termini mi sentirò eccitato, stordito, frastornato, voglioso di fare un sacco di cose in poche ore, di sentire nella pancia e poi nel cuore il richiamo delle radici.
Una parte delle mie radici è a Roma. La parte più viva e profonda.
Riabbraccerò Roma come quando si riabbraccia un amico che non vedi da anni e non sai perché non lo vedi da anni, dato che riconosci subito i battiti del suo cuore, la sua stretta e i suoi occhi umidi e non vorresti mai staccarti, solo che devi farlo e non sai perché, cioè, lo sai, ma non ti sembra un motivo importante. 
Voglio che Roma mi abbracci e non mi chieda nulla, io ci sarò, lei ci sarà, ci basterà.

Una cosa che mi è successa in quest'ultimo mese è stata la mia mega performance in un teatro parrocchiale, di fronte a duecento persone, quasi tutti ultrasessantenni, in cui ho parlato di tante cose, e anche d'amore.
L'ultima volta che mi sono "esibito" di fronte a duecento persone (forse erano quattrocento o cinquecento) è stata durante un concerto ai tempi del militare. E' una cosa di cui mi vergogno, che conoscono in pochi (tranne quelle cinquecento persone) e che mi ha insegnato fondamentalmente una cosa: mai esibirti se sei sobrio.
L'esibizione implica una non sobrietà.
Che non vuol dire la ricerca della battuta forzata o dell'insincerità. 
In un palco, se di fronte hai tanta gente, devi lasciare un segno, altrimenti non ha senso salire su un palco. 
Per questo, ho imparato a lasciarmi andare, a raccontare di me, a non evitare gaffe, ad abbracciare con lo sguardo e con la parola chi mi sta di fronte. Sabato, di fronte ai partecipanti al seminario, mi emozionerò, forse piangerò, forse riderò. Sarò me stesso. Le mie competenze e ciò che so, verranno fuori, emergeranno, ma senza nascondermi. Prima di essere relatore io sono persona.

Sono stato un ragazzo sobrio.
Mi cagavo sotto quando dovevo parlare in pubblico.
Dovevo fare bella figura. Sempre.
Ed eccedevo in sobrietà, perdendo lucidità.
Paradossalmente, liberandomi della zavorra di aspettative su me stesso, sul palco parlo meglio, ragiono meglio, arrivo.
Quando dovetti cantare "I feel good" di James Brown, in divisa, di fronte a quelle cinquecento persone, di cui alcune munite di innumerevoli stellette, torri e ghirigori vari, il direttore dell'orchestrina, mi imbottì di sangria.
Io sono mezzo astemio, mi divincolai per evitare quella che mi sembrava una crudeltà. Dovevo cantare, volevo essere perfetto.
Il direttore, che era anche un militare come me, mi diceva "Bevi, Bruno, bevi, ti servirà" e rideva.
Morale: dimenticai mezza canzone e inventai le parole. Sopperii con gli urletti, sporcando la voce perché non si capisse che quello non era inglese ma, forse, macedone. Mi applaudirono e qualcuno si alzò pure in piedi.
Mi divertii. 
Si divertirono. 
Cantai I feel good in divisa, sbarbato di fresco, con le scarpe lucide lucide, ma la cantai con quell'ardore che solo chi non è sobrio può avvertire dentro e trasmettere.
Perché vi racconto questa cosa?
Forse perché per la prima volta nella vita, l'altra mattina presto, mentre le donne di casa mia dormivano, ho visto "The commitments". Come ho fatto a non sapere dell'esistenza di questa meraviglia di film?
Mentre mi guardavo il film, mi sono rivisto in quel palco, quasi vent'anni fa; ho riso, e ho provato tenerezza per me stesso. 
Ero buffo, inadatto al contesto, ma cazzo come ho cantato!

Al diavolo la sobrietà.
Se voglio coinvolgere chi mi sta di fronte, non ho bisogno di metodo, di controllo, ma di cuore.
Se voglio amare non posso ritirare le mie braccia, limitare il mio sguardo ma devo osare, lasciar fluire, dare, regalare, non trattenere.

Wo! I feel nice, like sugar and spice
I feel nice, like sugar and spice
So nice, so nice, I got you
When I hold you in my arms
I know that I can do no wrong
and when I hold you in my arms
My love won't do you no harm





11 commenti:

  1. Grande Bruno...e VERO come sempre!!!
    Grazie perchè ci insegni a essere veri col cuore e non perfettini. Grazie della stanchezza, dei silenzi e delle emozioni ingarbugliate perchè sono anche le nostre...e allora ci sentiamo in buona compagnia. Anzi, ottima!!!
    Ti abbraccio!

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    1. Un abbraccio non ingarbugliato a te! :-) ciao!

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  2. Si un bellissimo film !!! Ne fui molto colpita...tempo fa, quando lo vidi. Tu dovresti lasciarti andare un po', bere un po', prima di affrontare la folla! ...e tutto andrà bene!!

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    1. Un film divertentissimo. Vorrei chiarire che tutto il discorso sulla non-sobrietà è una specie di metafora... Mica mi faccio un goccetto prima di fare seminari o roba simile! E' una non-sobrietà dell'anima quella cui voglio arrivare, specie se voglio coinvolgere :-) che poi un goccetto smuove le barriere... è un altro discorso :-)) ciao cara

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    2. eh ma le barriere non dovrebbero essere così solide !!! ... a me quel film mi ha colpito più per i litigi che scoppiano tra persone che si volevano un gran bene...

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    3. Non credo si volessero questo gran bene. Però erano trasparenti. Senza sovrastrutture. Ciao cara!

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  3. Sempre bello leggerti, Bruno. Come al solito, mi fai riflettere su cose a cui prima non avevo pensato...
    Oggi, per esempio, ho capito che quando finalmente ci incontreremo, non ti offrirò un caffè! Eh no: penso proprio che cominceremo con una sangria...
    Com'è andata a Roma?

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    1. Attanasio, di questo passo la sangria ce la verseranno le nostre badanti.
      A Roma è andata bene, come sempre. Su un altro social ho raccontato la cronistoria. Magari la scrivo anche qui.
      In poche parole: gioia, follia, malinconia, traffico, cielo azzurrissimo, applauso, amici, dubbio.
      Un abbraccio, ciao!

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    2. La parte migliore è il dubbio, senza dubbio.
      Anche se, in effetti, pure il cielo azzurrissimo ha il suo perché...

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  4. Grazie. Quando passo di qua, porto via sempre qualcosa di bello.
    Paola

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    1. Grazie a te. Anche tu mi hai donato qualcosa di bello. La sensazione di essere ascoltati. E' bellissima. Ciao!

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