16/07/19

Il nocciolato del nonno


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Provo un po' di imbarazzo a scrivere di cose mie, della mia vita privata, esperienze, eventi che un lettore potrebbe trovare banali, insignificanti, inutili, lontani dal suo mondo. È un'emozione nuova, questa, per me, probabilmente effetto del corso di scrittura per il web che ho fatto un paio d'anni fa, secondo cui ciò che pubblichi deve essere utilizzabile, chiaro, con link di approfondimento, frasi a effetto, e che identifichi univocamente il tuo brand.

Brand.
Il mio brand.
Se volessi dare forma al mio brand, oggi sarebbe una pancera snellente. Quelle che si vendono nelle tv di provincia e che fanno dimagrire sette chili in sette giorni.
Il brand.
Oppure una racchetta appesa al chiodo o degli spaghetti al pomodoro che vorticano lubrici, sorretti da una forchetta.
Sto imparando che la migliore dieta è la non-dieta. Ovvero un'alimentazione sana, equilibrata che non escluda alcun alimento, esente dal senso di colpa.
Sul "sana ed equilibrata" ci sto lavorando. Direi che a senso di colpa sono messo bene, cioè esso non mi sfiora.
È un periodo in cui sto dando tutto il mio tempo senza limitazioni. Lo faccio volentieri, e, per una scelta etica e improvvida di qualche tempo fa, tutto ciò che esula dal mio contratto di lavoro, lo faccio gratuitamente. 
Sto sentendo il bisogno di un regalo.
Capita a chi dà tanto senza voler niente in cambio. 
Solo che regali, mica ne arrivano tanti.
Un "grazie", un sorriso, una vigorosa stretta di mano talvolta non bastano.
Tocca farseli da soli i regali. 
Io mi sono fatto un'intera stecca di nocciolato di marca cuneese pregiata.
Ma non è binge eating, intendiamoci.
Né bulimia, perché col cavolo che lo vomito il nocciolato cuneese.
Non è fame... è solo voglia di buono. Di un dono.
La sensazione della nocciola che scrocchia tra i denti cullata dalla fusione del cioccolato è pura voluttà, per quanto mi riguarda.
Togliendo con la lingua un pezzo di nocciola dalla corona protesica in fondo a destra, mi è balenato un ricordo, uno di quelli che dici: porca miseria, sono robe fondamentali nella tua vita, perché non ci hai pensato prima, o più spesso.
Mio nonno paterno non frequentava molto casa mia, ma una domenica al mese mangiava da noi.
Mio nonno era una persona particolare. Potrei definirlo un dandy. Amante delle cose belle, abitava in una specie di grattacielo di città, lettore accanito, era, quando lo riteneva necessario, di un sarcasmo spiazzante, a tratti velenoso. Amava ridere e sì, era un po' snob, volava un po' sopra le beghe familiari, condominiali, gli affari modesti della gente comune. Aveva fatto un lavoro d'intelletto e numeri e aveva una bella testa, fino a quando la demenza senile non ebbe prese il sopravvento, trasformandolo in un vecchio petulante. 
In certi vecchi c'è un'amplificazione della tendenza alla sottomissione, alla passività, all'essere assistiti. In lui, tutto il contrario.
Quando veniva a pranzo a casa mia comprava dei pasticcini, in una pasticceria costosissima vicino al suo grattacielo. Il gelo di mellone di quella pasticceria non lo ritroverò più da nessun'altra parte.
Poi, alla cassa, prendeva ogni volta "u nocciolatu pu picciriddu", picciriddu che ero io. 
Vi giuro che questo ricordo, adesso mi sta facendo piangere come un bambino, come un picciriddu.
Io ero goloso di nocciolato e mio nonno, quell'anziano, bizzoso uomo di città, aveva il suo pensiero speciale per me.
Per questo, la stecca che ho finito ieri, assume per me un significato profondo, il senso del dono. E con essa riconosco l'eredità di mio nonno: l'approccio burlesco a certe situazioni che imporrebbero aplomb, la lingua tagliente quando ci vuole, un atteggiamento di compassato distacco per gli inutili isterismi di certuni, l'attrazione per i grattacieli, il mio secondo nome all'anagrafe.

Anche stavolta, niente branding. 

6 commenti:

  1. che bello quando ci si ritrova, e si riconosce nel proprio essere le particolarità delle persone che abbiamo amato. Se sono particolarità bizzarre ancora di più.... è la "stirpe" come dice mia zia!!

    Sabina Folada

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  2. Ti leggo spesso, anche se non sempre commento, e trovo che la tua scrittura sia diventata sempre più trasparente e autentica. Vi sento quella semplicità del cuore che talora per altri è un difficile approdo. Questo post è una meraviglia!
    Grazie, Bruno!!!

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    1. Grazie a te. Purtroppo scrivo così raramente che forse le parole gocciolano filtrate e più pure, boh. Abbraccio

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  3. Subito dopo aver letto "Lubrici" ed "improvvida" sono andato a controllare la data del PC, per esser sicuro di non essere capitato sulla pagina di Blogspot di Edmondo De Amicis del 1872.
    A parte le battute, che ogni tanto servono, bel post e bel modo di scrivere di te.
    Io ho un ricordo analogo, di proprio tanti anni fa, per un certo periodo mio padre dovette seguire un cantiere in Svizzera, quando rientrava non mancava di portarmi una di quelle tavolette incredibili con la confezione dorata e le immagini delle montagne innevate, di cioccolato spesso, con le nocciole intere, che ne staccavi un quadrato alla volta e lo mangiavi piano, per fartelo durare di più. O il mitico Toblerone, con la sua forma inconfondibile e la granella. Che poi la stagnola la tiravi con le unghie fino a renderla lucida e la piegavi per fare dei piccoli Origami.
    E adesso di corsa ad allenarti, che avrai messo sù almeno un paio di chili, con tutto questo nocciolato.
    Altrimenti quando ti porto ad arrampicare?

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    1. Pensavo mi invitassi a gustare un nocciolato piemontese doc. Altro che arrampicata, mi arrampicherei su un nocciolato che ha di per sé la fattezza perfetta di una superficie da arrampicata. È stato un post scritto di getto ma hai individuato le due parole su cui mi sono fermato. La prima stesura prevedeva "una forchetta che invorticava degli spaghetti al pomodoro", la seconda "un vortice di spaghetti al pomodoro in una forchetta", per la terza ho consultato il dizionario Treccani. L'italiano è fantastico. C'è una parola per tutto. Volevo rappresentare gli spaghetti conditi, oliati, ma non evocarne l'untuosità, bensì quella densa e voluttuosa viscosità del condimento. Ho trovato il termine "lubrico" e mi è piaciuto tantissimo. Da un po' leggo su kindle e ogni volta scopro parole nuove, mi rendo conto di essere molto ignorante, nonostante gli studi classici. Lì, con un click ti colleghi al dizionario e imparo un sacco di termini nuovi, dunque perché non imparare termini nuovi (anche se un po' desueti) scrivendo? Improvvida era "improvvisa". Però in realtà la mia scelta della gratuità è stata netta ma meditata, più che altro non ne sospettavo le conseguenze a livello di stress. In questo caso ho fatto da me e ho cambiato solo una consonante; il termine mi pare non sia però così obsoleto, dai! Bello anche il tuo ricordo caro DR. La cosa degli origami la facevo anch'io. Mi pare che qui da piccoli eravamo tutti un po' autistici :-) Alla prossima!

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