03/07/20

Salviamoci

La madre di Giacomo apre le tende e la luce entra nella stanza. Lo fa con un gesto ampio ed energico, quasi plateale, come se quella stanza fosse stata al buio per troppo tempo. 
Il viso del bambino s'illumina, gli occhi diventano turchesi, trasparenti. 
Giacomo si volta, sorpreso, verso la luce della finestra e ha gli stessi occhi del bambino.
Mi chiamo Laura.
Io non so cosa dirle.
Io avrei voluto chiamarmi Diego.
Madre e figlio si scambiano un'occhiata. Giacomo versa il caffè nelle tazzine, Laura mi chiede se il mio nome non mi piaccia.
Non è che non mi piaccia, ma mio padre una volta mi disse che voleva chiamarmi Diego e mi spiegò che mia madre non volle perché Diego si chiamava il fruttivendolo sotto casa. È il mio nome mancato.
Ti hanno praticamente precluso un pezzo d'identità - mi fa Giacomo mentre mi porge il vassoio - perché il nome condiziona. Se il mio cognome fosse stato Leopardi, la mia vita sarebbe stata un inferno di battute. Mia sorella si chiama Ernesta, per esempio, ma l'abbiamo chiamata sempre Giada. Adesso che è a Londra si fa chiamare Ernesta, è più glamour, dice. 
Mia madre si chiamava Ernesta - interviene Laura - e abbiamo seguito la tradizione.
Laura è un bel nome - dico io.
All'anagrafe mi chiamo Maria Assunta.
Scoppiamo a ridere tutti e tre.
Il viso di quel bambino mi calamita, lo guardo e sembra ridere anche lui.
Stiamo ridendo troppo - esclama Giacomo - dov'è papà?
Sempre là, dove vuoi che sia. Laura fa spallucce
Mio padre passa la giornata al computer. Non si stacca un attimo. Dormirebbe pure di fronte allo schermo se mia madre non lo convincesse ad andare a letto. Adesso sa che c'è qualcun altro in casa, ci ha sentito ridere, per principio non viene. 
Laura versa il caffè rimasto nella caffettiera in una tazzina, ci mette lo zucchero e lo mescola.
Gli porto il caffè, vediamo se vuole venire.
Giacomo mi chiede se voglio lo zucchero. Gli dico di no.
Per lui il mondo vero è quello dentro al pc. Ho scoperto che frequenta un sito a pagamento dove parla coi morti. C'è gente che impersona i morti, si fa chiamare come loro. Mio padre parla con un ragazzino di dieci anni che lo chiama nonno. Parlano di calcio, di cose di cui si parla con un ragazzino. Mio padre gli spiega come funziona il mondo e quello stronzo o quella stronza dall'altra parte gli risponde, lo chiama nonno, capisci che follia?
Perché non glielo impedite? - gli domando
Perché in quel sito mio padre vive. Assieme a Diego.
Mi sento mancare. Appoggio la tazzina sul tavolo. Giacomo se ne accorge.
La tua teoria sul destino non è proprio una cazzata, sai? Solo che non so se sei qui perché mi salvi io o ti salvi tu. Me lo dice con quell'impudenza sorniona che mi sto abituando ad accettare, e ingolla il suo caffè.

2 commenti:

  1. Interessante il sito a pagamento dove si parla coi morti...
    Mi mancava... se non esiste nella realtà, tra un po' qualcuno lo farà!

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