18/06/20

Quelli a cui dici

Scusa, devo andare in bagno.
Mi è capitato cinque, sei volte nella vita di avere un mal di stomaco così lancinante da dover correre in bagno. La prima è stata alle elementari, credo. L' ultima volta, in ospedale. Angela aveva nausea, vomito ed è svenuta in casa. In ospedale temevo di perderla. Era una roba virale che durò due giorni.
La penultima volta in cui mi stavo letteralmente cagando sotto fu a un esame prima della laurea. Avevo studiato molto durante l'estate sopra un libro di mille pagine sulla psicoterapia analitica, una roba da perderci la testa. Non andavo in spiaggia, mangiavo poco, un'estate schifosa. Ero terrorizzato da quel docente, un quarantenne butterato che esigeva la frequenza. Io non frequentai. L'esame era previsto al terzo anno, io lo preparai per ultimo. Ma studiai un sacco. Pure le noticine. Quella mattina afosa di settembre mi presentai all'esame bianco cadavere. E corsi in bagno. Mi svuotai come se non andassi di corpo da sei giorni, eppure avevo mangiato poco ed ero stato regolare. Mi sentii meglio, ma, appunto, svuotato. Debolissimo. Come se le energie pronte per essere profuse in quel cazzo di esame si fossero disperse nello scarico del water. Bevvi un cappuccino ma ero davvero sfibrato, stanchissimo. Mi chiamarono all'esame. Avrei dovuto superare l'ostacolo dell'assistente. Donna, cinquantenne, dai modi spigolosi come la forma del suo viso. Mi chiese un sacco di cose, voleva azzopparmi. Resistetti ma tentennavo, incespicavo nelle parole.
Mi chiese, allora, di parlare delle fasi della terapia. Cominciai dalle note. Volevo dimostrarle che avevo studiato più del necessario. Poi mi domandò una cosa che, se ci penso, mi viene da ridere. Ero davvero senza forze, sfinito.
"Mi dica quando finisce, realmente, una psicoterapia".
Ci pensai quei venti secondi tali da far capire che stavo riflettendo ma i miei neuroni giocavano a nascondino. Diedi una risposta che, lì per lì, mi sembrò stupida e fu percepita come tale dalla stronza che avevo di fronte: "Forse solo quando muore il terapeuta".
Non sorrise, mi guardò, sudavo freddo, si alzò e andò a parlare all'orecchio al butterato da cui fui mandato subito dopo. Lui mi fece altre domande, ricordo solo che farfugliai, ero spaventato, non potevo non passare l'esame, avevo la tesi quasi pronta, la mia voce e i miei occhi si fecero supplichevoli mentre appiccicavo le parole. Guardò il mio libretto. Avevo la media del ventotto e nove. Non mi propose nulla. Mi scrisse direttamente il voto. Me ne andai col diciotto nel libretto e piangevo. Credo fosse gioia.
Spruzzo il gled alla lavanda, mi lavo le mani e torno al tavolo.
Tutto bene?
Sì, reggo poco il vino.
Non mi dice niente. Ha capito come mi sento.
Frizzante o naturale?
Indica la bottiglia d'acqua finita.
Naturale, grazie.
Chiede al cameriere un'altra bottiglia d'acqua.
Cos'è il prendersi cura? Me lo chiedo spesso. Credo che la risposta più giusta sia "anticipare il bisogno". Senza che l'altro chieda, o, peggio, supplichi o mendichi.
Giacomo si sta prendendo cura di me. Quindi parlo.
Mi sono laureato, volevo fare il giornalista ma non c'avevo le palle.
Mi sono specializzato a Roma. Cominciai con la libera professione. Conobbi Angela, una ragazza con una specie di disturbo dell'attaccamento, convinta che tutti la usassero e la mollassero. Violai il codice deontologico e un pomeriggio me la scopai in studio. Era la figlia di un boss della televisione. Mi presentò ai suoi, così cominciai a fare qualche comparsata nei programmi della mattina e a scrivere libri. Lei mi faceva pure da assistente, da segretaria. Lavorava in un'agenzia di stampa, insomma, la mia carriera sui media è iniziata così. Io non l'amavo. Le volevo bene, mi faceva tenerezza, ma la sfruttavo. Anch'io. Mi fece una sorpresa in camerino, prima che iniziasse "Mattina insieme" e mi trovò che mi ingroppavo la truccatrice. Fine della storia. Lei non fece scenate, non mi fece perdere la faccia, non rovinò la mia carriera. Ma perse dieci chili in due mesi. Adesso sta con uno, un disoccupato con l'hobby della fotografia. Ha già fatto due mostre e ora collabora con un paio di settimanali rosa. 
Tutto qui. Ecco la merda che sono. Vuoi essere ancora mio amico?
Quello mi sorride.
A chi le hai dette queste cose?
A nessuno prima d'ora.
Io penso che ci siano due tipi di amici. Quelli a cui parli e quelli a cui dici. 
E mi spiazza, di nuovo.

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