03/07/15

autonomia, dipendenza, autostima...

Quando Paola mi ha chiesto se avrei partecipato al seminario di Novembre a Roma, non ho avuto dubbi.
Lo scorso anno ho saltato quest'appuntamento per me prezioso, perché c'era veramente tanto da fare con la neonata, e non me la sentivo di lasciare mia moglie da sola per un giorno intero. Quest'anno, che la piccola è già una signorina, posso permettermi di prendere il treno con calma. Odorerò la nebbiolina fresca dell'alba, mi tufferò nella meravigliosa confusione di Roma che mi riaprirà il suo palcoscenico a Termini, guarderò gli imponenti palazzi dell'Aventino e gli enormi platani che lo costellano, varcherò la porta dell'Istituto e incontrerò amici e colleghi cari.

Due anni fa parlai di autostima, quest'anno il tema è sulle dipendenze. Un argomento che in questo blog trova il suo spazio naturale nella pagina sul narcisismo. Mi rendo sempre più conto di come accanto a un narcisista ci sia il più delle volte un dipendente affettivo.
Narcisista e dipendente sono entrambi affamati d'attenzione e d'amore, paradossalmente si tratta di due narcisismi opposti, uno sprezzante, l'altro mendicante. Ciò che li accomuna, in quanto affamati d'amore e d'attenzione è una scarsa autostima, mascherata e imbellettata, in un caso, piangente e dolorosa, nell'altro. Nel dipendente, lo scatto narcisistico avviene nel momento in cui prevalgono le intenzioni salvifiche e missionarie, per cui la persona da cui si dipende diventa un soggetto da curare, salvare, raddrizzare: unico scopo di una vita offesa.
Siamo un po' tutti dipendenti da qualcosa o da qualcuno ma rimaniamo psicologicamente sani.
Perché la nostra dipendenza non è una catena d'acciaio e sappiamo come essere autonomi, lucidi e liberi, quando vogliamo esserlo.
La dipendenza diventa malata quando "io non penso, non progetto, non ho senso, non esisto senza te".
Vorrei fare un salto e passare al focus del mio intervento "dipendenza e autostima", partendo dalla considerazione che chi abusa di sostanze ha una scarsa autostima.
Se parliamo di emozioni, si può dipendere dalla sostanza/affetto. Si può dipendere da un nutrimento emotivo che non basta mai.
L'autostima è la percezione di valere e di meritare attenzioni, nonostante tutto.
In questo "nonostante tutto" metto i fallimenti, gli errori, i cambiamenti di idea, le contraddizioni, la stanchezza, il rifiuto.
Chi ha una scarsa autostima ha un continuo bisogno di essere rassicurato, guidato, soccorso ed evita le responsabilità. Perché essere responsabili significa saper dare risposte, non fare attendere, rassicurare.
Il dipendente affettivo crede di:
- non valere se non come appendice
- non meritare affetto
- non poter stare da solo
- non poter esprimere le proprie esigenze
- non avere alternative di relazione
Tutto ciò ha radici antiche.
Il dipendente affettivo non ha potuto fare il "salto di qualità" relazionale: dalla simbiosi all'autonomia.
Ha avuto delle figure di riferimento che non hanno creduto in lui o lei, e che centellinavano l'affetto. Avevano paura che rimanesse solo; mortificavano le sue esigenze; passavano il messaggio "tu non esisti al di fuori di questa casa".
Ciò vale sia per chi sviluppa una dipendenza affettiva camuffata da grandiosità sia per chi elemosina singhiozzando briciole d'amore. In un caso c'è narcisismo, nell'altro, debolezza di carattere.
Se non si sviluppa dipendenza affettiva, nella stragrande maggioranza dei casi, ci si chiude in una solitudine rassegnata, in un'autoreferenzialità ineluttabile.
Chi non ha una buona autostima si chiude in questa solitudine rassegnata o dipende eccessivamente dagli altri. Nel momento di difficoltà ha paura di crollare.
Se si vuole aiutare una persona insicura, con una scarsa autostima, ad essere più libera di scegliere, aprirsi al mondo, sbagliare, a prendere le redini della propria vita, bisogna spezzare questa dipendenza affettiva o la solitudine rassegnata.
Un adulto con una solida autostima riesce a nutrirsi della sostanza/affetto non abbuffandosene. Privilegia la qualità alla quantità. Il bisogno di nutrimento affettivo è innato. E' un bisogno che non ha età. Cambiano le modalità con cui si soddisfa, non i suoi effetti nell’organismo. La persona con una buona autostima sa prendersi questo nutrimento e stare in attesa fiduciosa se esso non arriva. Sa di essere meritevole di cure e di attenzioni e riesce a trovare "erogatori" di "sostanza affettiva" senza difficoltà, in situazioni diverse.
Il momento cruciale in cui una persona dotata di una scarsa autostima può mettere in discussione le proprie certezze, è quando sta per assumersi una responsabilità.
Responsabilità è prima di tutto dare risposte all’ambiente di riferimento e rafforzare un ruolo o una relazione. La responsabilità è assumersi un impegno, è dare, garantire qualcosa. Chi si assume una responsabilità deve essere pronto a dare. Assumersi una responsabilità vuol dire anche agire con autonomia di pensiero.
Chi ha un’autostima fragile, ha enormi difficoltà a offrire risposte certe, a ricoprire un ruolo preciso, a rendersi protagonista di una relazione, ha difficoltà a “dare”, perché è abituato a “prendere”. Può crollare, quando la responsabilità è inevitabile. L’autostima è strettamente legata alla dinamica dipendenza/autonomia. E’, in definitiva, il risultato di questa dinamica che è attiva sempre nella nostra vita ma che si stabilizza intorno ai 20 anni di età.
Chi ha una fragile autostima, di fronte a una responsabilità può fuggire, delegare o restare.
Nei primi due casi c'è un atto di deresponsabilizzazione, nel terzo, di fronte agli impegni presi, possono attivarsi automaticamente le emozioni che da sempre il soggetto rifugge: paura, vergogna, rabbia, accettazione, convincendolo che, ancora una volta, è meglio gettare la spugna o delegare. Può vincere tali emozioni negative e affidarsi con fiducia in modo nuovo, mai sperimentato prima, attraverso una “dipendenza attiva”.
Un buon livello di autostima si raggiunge nel momento in cui la persona riesce a essere autonoma ma non esclude la possibilità di essere aiutata e di dipendere da qualcun altro. Chi ha una solida autostima non ha timore di lanciare un SOS e vede nel soccorritore un compagno, un maestro temporaneo, da cui attingere energie e da cui non dipendere a tempo indeterminato.
Tale sano rapportarsi alla figura d'aiuto, è un comportamento che si struttura nell'infanzia e nell'adolescenza. Nella fase di aiuto, il giudizio è stato assente, la valutazione, obiettiva e serena. Si irrobustisce il senso della fiducia in un'altra persona da cui ci si sente dipendenti ma ci si sente anche impegnati in un allenamento per diventare indipendenti.
Un soggetto con scarsa autostima, nei momenti di difficoltà e di assunzione di responsabilità può delegare tout court l'impegno o la soluzione del problema a un altro ritenuto più forte e competente e, se quest'ultimo è un narcisista, cadendo nella trappola della dipendenza passiva.
Di fronte a una responsabilità, chi non ha una buona autostima può anche rifiutare l'aiuto per non essere giudicato e provare vergogna, assumendo un atteggiamento ostile e scostante e palesando una “finta” indipendenza di natura reattiva. Una persona con una fragile autostima può migliorarsi:

  • prendendo contatto con le proprie potenzialità represse, sconosciute;
  • sviluppando una solitudine creativa;
  • trovando piacere nel fare le cose da solo, con una non invadente supervisione;
  • chiedendo un aiuto specifico e non generalizzato
  • accettando la paura, capendo perché è diventata così invalidante
  • riconoscendo nell’altro una sincera attenzione e non un perverso slancio narcisistico;
  • accettando la possibilità di un insuccesso.

4 commenti:

  1. Un articolo molto interessante! Me lo sono copiato per leggerlo con più calma e attenzione. Buona giornata

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    1. grazie! Buona giornata e buona lettura :-)

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  2. Cazzo quanto ti verrei a sentire...

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    1. Grazie! Poi vi darò i riferimenti. Magari puoi farci un salto... ciao :-)

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