19/11/15

Ho comprato persone



Sì. L'ho fatto. 
Su facebook. 
Ho messo in evidenza, a pagamento, due articoli  nella pagina che promuove il libro. Sono arrivati centinaia di contatti.
Un'umanità assai eterogenea.
Mi sono chiesto: a chi voglio arrivare? Qual è il mio target?
Ci sono persone che commentano, adesso, nella mia pagina, con un italiano stentato, con la foto profilo scattata nel cesso di casa, le mattonelle beige a fiori viola sullo sfondo.
E' a loro che voglio arrivare?
Voglio arrivare a chi, nelle proprie pagine, mette foto di santi, fiori rosa e gattini puffolosi? E' a loro che voglio arrivare?
Voglio arrivare alla donna con la faccia allampanata che sfoggia la permanente appena fatta o all'uomo in piscina con lo slip bianco, il tatuaggio di Padre Pio sul petto, e la pancia risucchiata a schiacciare costole e milza? Voglio arrivare a loro?
Mi sono risposto: SI, anche a loro. 
Perché loro sono umanità. Perché chi sono io per giudicare quest'umanità?
Ciò che scrivo può aiutare quest'umanità? Queste persone mi possono voler bene?
Buon gusto, cattivo gusto... non è quello che m'interessa. Lo sto capendo.
Voglio nutrirmi di umanità.
M'interessa arrivare, entrare nelle porte delle persone.
Essere accolto e, a mia volta, nutrire. 
Chi ti fa entrare a casa sua e ti fa accomodare, offrendoti un caffè, è sempre degno di rispetto.
Nonostante la tappezzeria.

Il nostro bisogno fondamentale è quello di essere accolti e nutriti.
Ma anche di accogliere e nutrire, che sono bisogni più evoluti ma strettamente dipendenti dai primi, dalla soddisfazione dei primi.

E' davvero difficile, per me, scrivere ciò che sto scrivendo.
Mi scontro col mio status imborghesito, con i miei ricordi. Con l'immagine di un bambino cresciuto in un quartiere popolare, che ha frequentato una scuola nei quartieri dei ricchi. E ha frequentato le loro case. Che ha paragonato le mattonelle dei loro bagni con quelle del proprio bagno. E che si convinceva che erano più belle le loro.
No, non credo siano seghe mentali, non sono propenso a farmene inutilmente. Questo conflitto interiore che sto vivendo e risolvendo, mi servirà. Le immagini di tutte queste persone, i loro volti e i loro commenti non mi lasciano indifferente. Perché si interfacciano con il mio pregiudizio. E col mio fastidio nell'affrontarlo.

Mi sto confrontando con la mia apertura. La condivisione nel senso più universale, la condivisione umana, ha bisogno di filtri? Ha bisogno di selezioni? Del resto, ho pensato, io non voglio condividere una lozione tricologica anticaduta. Lì, avrei selezionato gli uomini da 35 a 60 anni, tutta Italia.
Perché limitare il mio target? Ho cliccato "uomini e donne, 27/65, tutta Italia".
Quando vuoi essere accarezzato perché hai paura, t'importa qualcosa se la mano sopra la tua testa è liscia e profumata o callosa e nodosa? Quando hai bisogno di sentire di essere capito, e non mi riferisco alla teoria tripartitica di Freud, quando hai bisogno di essere compreso in un tuo sentimento, fai differenze?
Che l'uomo in slip bianco e tatuaggio non sappia davvero leggerti? Che la signora cotonata che sorride imbarazzata al flash, non sappia cogliere l'essenza di ciò che dici?

Ho pagato 10 euro per entrare e un sacco di gente mi ha fatto entrare nelle loro vite. Soprattutto, quelli delle mattonelle beige e viola. E loro, quindi, devo ringraziare.
Anche e soprattutto a loro, dunque, voglio arrivare. Perché mi hanno scelto.
Forse il mio linguaggio ha scelto loro, forse volevo loro.
E' giusto così, è naturale che sia così.
Perché la mia infanzia non l'ho vissuta in un attico vista mare. 
Perché a casa dei miei nonni c'era una stufa elettrica e quella doveva bastare. 
Perché i miei genitori, facendo mille sacrifici, acquistarono, accollandosi un mutuo trentennale, un appartamento piccolo in periferia, fronte montagne. E me le ricordo quelle montagne, quando si ricoprivano una volta ogni due anni di neve, per un paio di giorni, o di sera s'illuminavano di lucine, come grandi alberi di Natale, perché sulle pendici ci avevano costruito delle borgate, abusive, per lo più.
I miei nonni parlavano in dialetto, pure i miei, se è per questo.
La spesa la facevamo a Ballarò. Non avevamo un macchinone, ma una Simca 1000 arancione.
Le riviste che entravano a casa mia, quand'ero piccolo, non erano Cosmopolitan, L'Europeo o Panorama ma Oggi, La Domenica del Corriere, Il Corriere dei Piccoli, e a mia nonna piaceva Stop. D'estate, in vacanza, nel paesino dove si respirava mare, glielo andavo a comprare e mi piaceva vederla leggere, lei che aveva la terza elementare: storie di miracoli, di attrici famose e di gesti di solidarietà. Sfogliava quel giornale come una cosa preziosa.
Le piacevano le telenovelas messicane e al pomeriggio recitava il rosario. Conosco tutti i musicarelli, i film di Morandi giovane e di Bobby Solo. Ma anche i melodrammoni dei primi anni cinquanta, quelli con Ivonne Sanson e Amedeo Nazzari. A nonna piaceva "Catene" che è anche l'unico a lieto fine della sfigatissima coppia.
Io ho una cultura popolare! Chiedetemi che fine ha fatto Mariana quando ha abbandonato Louis Antonio e vi saprò rispondere.
La domenica andavo allo stadio con mio padre. Curva sud. Mica tribuna.
La barchetta di resina con cui andavamo a pescare era munita di un motore di 8 cavalli. Bastava e avanzava per andare in alto mare a combattere con i tonnetti.
Io sono un uomo del popolo. Sono fatto di panini nella carta stagnola, di odor di aglio, di canzoni facili e melodiche, di profumo di fresie nei balconi coi panni stesi, di pesce fritto e di scarpetta a raccogliere l'ultima traccia di ragù. Io vorrei imparare anche dai più umili. C'è da imparare da tutti, se vuoi imparare la vita. La profondità di una persona, adesso ne sono certo, più di quando ero piccolo, non si misura dalle pergamene incorniciate e appese alle pareti. 
Ho voglia di umanità. Di tuffarmi nell'umanità.

Mi piace pensare che si è creato un legame inconsapevole tra il mio spazio psichico e quello dei miei nuovi "followers", che è fatto della stessa terra, sebbene abbiamo piantato semi diversi.
Ho comprato i "like" di molte persone. Adesso tocca a me creare un terreno comune di condivisione, ascolto e riflessione, posando uno sguardo comprensivo sulle loro mattonelle a fiori, anzi, fregandomene proprio di quelle mattonelle.. 

4 commenti:

  1. ... "La profondità di una persona, adesso ne sono certo, più di quando ero piccolo, non si misura dalle pergamene incorniciate e appese alle pareti."...Che bella frase! ... Non hai idea di quante volte l'ho urlata, a muso duro, addosso a chi, con arroganza, portava a spasso il papiro avvolgendosene compiaciuto; o di quante volte, con dolcezza infinita, l'ho dovuta dire a chi si sentiva fuori luogo o umiliato perché sprovvisto di tale papiro. Mia nonna, mia grande maestra di vita, a riguardo, la sentivo spesso ripetere che: "i titoli sulle pergamene possono essere disparati e si guadagnano con anni di studio ma, il titolo di "signore", è soltanto uno e lo si raggiunge se si acquisisce grande spessore interiore e, molto spesso, non basta una vita."
    Signor Bruno, lei è veramente una gran bella persona!
    Paola

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    1. Grazie, questo tuo commento lo leggerei ogni mattina e ogni sera, prima di coricarmi. un abbraccio

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  2. Risposte
    1. mai stato, mai lo sarò, cara Sandra. un abbraccione forte forte

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